
Buio pesto. Silenzio. Poi, un bagliore fioco: il neon sporco di una cucina a fine turno. Il fumo di una sigaretta si mischia all’odore del grasso bruciato. Al centro della scena, un uomo alto, magro, scavato, con lo sguardo di chi ha visto troppo e troppo poco allo stesso tempo. Anthony Bourdain.
La sua mente è un palcoscenico in fiamme, un ristorante notturno che non chiude mai, un aeroporto senza destinazione. Ha fame, una fame insaziabile. Di cibo, di storie, di esperienze che gli frantumino l’anima per poi rimetterla insieme, pezzo dopo pezzo, come un piatto da gourmet preparato con ingredienti marci.
Ha sempre vissuto così: un po’ poeta, un po’ pirata. Timido e romantico, ma con il ghigno beffardo di chi sa che il mondo è un posto troppo lurido per i sognatori. E allora si è lanciato a capofitto in quella lurida meraviglia, infilando le mani nell’umanità più cruda, assaggiandola, digerendola, raccontandola.
Ma la realtà non è mai bella come nei sogni. La vita, che ha corteggiato come un’amante capricciosa, gli ha restituito un conto salato. Ha viaggiato fino a consumarsi, ha cucinato fino a bruciarsi, ha scritto fino a sanguinare. E quando non è rimasto più niente da divorare, ha chiuso il sipario con un gesto macabro e definitivo.
Eppure, ironia della sorte, proprio quel gesto ha aperto gli occhi di milioni di persone. Li ha strappati dalla loro comfort zone, li ha costretti a guardare in faccia le proprie paure, i propri limiti. Perché Bourdain non era solo un cuoco, non era solo un viaggiatore: era un narratore della fame umana. Fame di vita, di senso, di bellezza.
Se non lo avete mai conosciuto, se volete davvero capire chi fosse quest’uomo meraviglioso, quanto manchi al mondo nonostante i suoi vizi e la sua mente contorta, guardate Roadrunner, il documentario sulla sua vita. Lo vedrete vivere, sognare, consumarsi. Lo vedrete ridere, combattere, perdersi.
E ora, mentre il sipario cala su di lui, resta una domanda sospesa nell’aria densa di fumo e rimpianti: quanto siamo disposti a divorare la vita, prima che sia lei a divorare noi?
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