Shock in My Town: la sacra liturgia del delirio urbano

Pubblicato il 31 gennaio 2025 alle ore 07:06

Città elettriche che si contorcono nel delirio, tribù di suburbani che strisciano come insetti nelle orbite vuote della metropoli. Shock in My Town non è una canzone, è un’allucinazione collettiva, un’apocalisse cibernetica che si insinua nel cervello come un virus, come un messaggio subliminale inciso al contrario. Il suono è un morso elettrico, un sussurro industriale che si deforma in urla spettrali, mentre la voce di Battiato – alterata, distante, quasi disumana – profetizza il disfacimento, la mutazione, l’involuzione.

 

“Ho sentito urla di furore / di generazioni senza più passato” – un grido che si schianta contro le pareti di un’epoca in decomposizione. Il passato evapora, lasciando solo scheletri di ricordi. L’umanità si è persa nei suoi stessi circuiti, nella sua giungla digitale, dove ogni respiro è un’eco artificiale. “Di neoprimitivi / rozzi cibernetici, signori degli anelli, orgoglio dei manicomi.” Siamo creature di carne e codice, intrappolate in un incubo elettronico che ci promette la libertà e ci restituisce il vuoto.

 

Il brano è un corpo mutante: chitarre elettriche che urlano come detenuti impazziti, cori spettrali che sussurrano presagi, sintetizzatori che pulsano come vene tossiche. Ogni nota è un cortocircuito, un glitch nella percezione della realtà. Battiato e Sgalambro non scrivono versi, incidono sentenze nella carne: “Ho incontrato allucinazioni / stiamo diventando come degli insetti.” La perdita dell’identità, la dissoluzione dell’individualità. Non siamo più persone, siamo stringhe di codice che si replicano all’infinito, anime risucchiate in un vortice di immagini distorte.

 

E poi il ritornello. Un’invocazione al risveglio, all’elevazione, alla fuga dalla paranoia, dalla mescalina, dalla gabbia delle percezioni umane. La musica diventa catarsi, un rituale di liberazione danzato tra rovine di silicio e monitor che trasmettono il nulla. “Per scappare via dalla paranoia.” Ma scappare dove? Esiste ancora un luogo non contaminato dal rumore, un angolo di realtà dove le cose abbiano un volto?

 

“Shock in my town.” Un mantra, un’onda d’urto che si propaga nell’aria come un presagio. Battiato non ci offre solo una canzone, ci lancia una sfida: riuscite ancora a sentire questa scossa, questa fiamma che brucia sotto la pelle? O siete già diventati insetti, spettri digitali, sogni di un algoritmo senza volto?

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